Dopo una petizione che ha raccolto quasi tremila firme (e che, per inciso, niente ha a che fare con AltraPsicologia), dopo un editoriale di Federico Zanon con più di mille condivisioni, dopo un invito diretto da parte dei colleghi di AP Lombardia, finalmente veniamo a conoscenza della posizione dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia (OPL) sul famigerato convegno “in difesa della famiglia tradizionale”, con tanto di Logo Expo in bella vista.
Un argomento che è sulle principali testate giornalistiche da una settimana, che ha visto alla fine smarcarsi anche il Commissario Unico di Expo, Giuseppe Sala, che ha richiesto la rimozione del Logo Expo dalla locandina, e che ha suscitato l’ira di Vicente Gonzalez Loscertales, segretario generale dell’organizzazione che si occupa delle esposizioni universali, che si è visto inondato di email di indignazione non solo dall’Italia, ma anche da Spagna e Stati Uniti.
Alla fine siamo venuti a conoscenza dei pensieri di OPL in una newsletter inviata agli iscritti e pubblicata sul sito.
Nel testo niente di sorprendente.
Anzi, quasi quasi vien da chiedersi proprio che bisogno c’era di insistere affinché l’Ordine dichiarasse la sua posizione, che in fondo, come si legge, già c’era una delibera del 2010!
E allora che bisogno c’è di ribadire l’ovvio, che in fondo son passati solo 5 anni!
Tutti, I CITTADINI SOPRATTUTTO, hanno certamente in casa una copia della famosa delibera, magari qualcuno anche in una bella cornice, per ricordarsi che:
LE TERAPIE RIPARATIVE NON FUNZIONANO E SONO DANNOSE PER IL PAZIENTE!
Ecco.
Perché in una newsletter di svariate righe, dove si tirano in mezzo equilibri istituzionali tra questo e quell’ente, dove si descrive un Ordine che non può mettere bocca su nulla che non sia psicologia e psicoterapia (come se poi le relazioni familiari, tema centrale del convegno, non fossero il CUORE della psicologia! Ah, povero Freud…), si evita di ricordarsi che era sufficiente dire una cosa quasi banale:
LE TERAPIE RIPARATIVE NON FUNZIONANO E SONO DANNOSE PER IL PAZIENTE.
Punto.
Non mi pare uno sforzo sovrumano, neppure nelle Feste di Natale. Io sono riuscita a scriverlo due volte in poche righe.
E ho ancora fiato, nonostante il pandoro.
E allora facciamo il Gioco del Se.
SE con il Logo Expo e con le conclusioni di Maroni si fosse organizzato il convegno “Per la difesa della natura: curiamo il cancro con il bicarbonato” e a parlare di questo ci fosse stato anche un medico, cosa ci saremmo aspettati?
Io come minimo che l’Ordine dei medici facesse un comunicato stampa per ribadire quali sono le terapie scientificamente riconosciute per la cura del cancro e che pretendere di curare il cancro col bicarbonato è una fesseria, nonché un DANNO PER IL MALATO E LA SUA FAMIGLIA.
Questo avrebbe significato farsi i fatti della politica?
Essere di destra o di sinistra?
Patteggiare per questo o quel partito?
Andare a ledere l’autonomia di questa o quell’altra istituzione?
Entrare nel merito della libertà di opinioni altrui?
Ma gli Ordini, oltre della tutela della professione, non dovrebbero (e per quanto mi riguarda INNANZITUTTO) essere una garanzia di riferimento a tutela PER L’UTENZA?
Nella newsletter di OPL si legge:
«non dobbiamo e non possiamo entrare in nessun dibattito sul piano politico, ideologico o religioso».
E quando “politica”, “ideologia”, “religione” entrano invece in questioni psicologiche, non siamo parte in causa? Non siamo interlocutori?
Se “destra” e “sinistra” stessero lì a discutere in parlamento su una legge che obbliga tutte le donne incinte del secondo figlio ad abortire, gli psicologi potrebbero, ma soprattutto DOVREBBERO dire qualcosa?
Quando abbiamo scritto “non si può tacere sulle terapie riparative” non chiedevamo un intervento rivolto agli psicologi, che quelli che si muovono in scienza e coscienza (la maggioranza, naturalmente) lo sanno già che sono una fesseria!
Quello che chiedevamo, e continueremo a chiedere ogni volta che sarà necessario, era un intervento leggibile dalla società, da un uomo o una donna, magari pure spaesati sul proprio orientamento sessuale, o da una famiglia che ha da poco scoperto che il proprio figlio è gay.
Una «sentita e naturale condanna», come fosse ovvia e scontata, tanto da non meritare di intervenire in una settimana dove su tutti i mass media si parla di terapie riparative, non è invece né ovvia e né scontata.
Gli psicologi non possono sottrarsi al dibattito della società, se la società dibatte sulla psicologia!
Grazie, Ada, per questo bell’articolo.
Condivido in pieno il senso dello stesso: ad OPL non era richiesto di “ribadire l’ovvio” (ovvero che le terapie riparative non sono fondate scientificamente), ma di assumersi la dovuta responsabilità – come Istituzione di categoria – di chiarire pubblicamente e nel contesto sociale (in merito a cui poi ci lamentiamo di non avere rilevanza o visibilità!) – tale questione in relazione al Convegno.
Hanno preso posizione TUTTI su questo tema, che è di ambito prettamente psicologico: dai partiti, alle associazioni, dai parlamentari, all’Expo stessa…. e NESSUNO l’ha considerato un mero problema di “convincimenti ideologici o religiosi personali” (come qualcuno vorrebbe incredibilmente che fosse…).
Hanno preso posizione addirittura anche altri Ordini degli Psicologi, come quello del Lazio… ma l’Istituzione che prima di ogni altra avrebbe dovuto far sentire forte e chiara la voce della comunità professionale – Ordine Psicologi Lombardia – non ha ancora fatto comunicati stampa, prese di posizioni pubbliche sui media o simili.
Perchè questo silenzio impressionante, nel dibattito mediatico in corso su un tema psicologico di tale rilevanza sociale ? Non lo capisco proprio.
Sono d’accordo, Ada: gli psicologi devono esprimersi su tematiche sociali che riguardino la psicologia in modo ufficiale (come Ordini e sui siti istituzionali) e in modo personale (in quanto singoli professionisti o associazioni, nei social/siti personali). È un nostro dovere.
Tullio Simoncini, il medico della cura del bicarbonato che tu hai citato, fu radiato dall’Ordine dei Medici. Gli psicologi e psicoterapeuti che sostengono e praticano le terapie riparative?
Non è sufficiente, secondo me, un semplice “rimbrotto” o un pistolotto sulla psicologia della sessualità. Quello possiamo scriverlo io e te e tutti quei colleghi che, come noi, non hanno cariche istituzionali.
Gli Ordini hanno lo strumento della censura (presa di distanza ufficiale e motivata) o della radiazione, come hanno fatto i medici.
A me Adinolfi sta antipatico e trovo le sue teorie inaccettabili, lo stesso vale per gli altri relatori&co (Maroni compreso). Quindi non difendo i relatori.
E non difendo neppure Scicchitano, che non sapevo neppure chi fosse e ho scoperto solo ieri che fa parte del mio Ordine.
Mi chiedo però: che senso ha condannare il convegno ma non prendere provvedimenti concreti nei confronti dello psicologo (né nominarlo) se sta contravvenendo al Codice?
E se invece sostenendo/praticando le teorie riparative non si sta contravvenendo a nulla, che senso ha la condanna pubblica?
La scelta di non nominare lo psicologo in questione è stata voluta, innanzitutto perché non ne conosco il lavoro e mi sarebbe parsa una presa di posizione pregiudiziale, ma soprattutto perché non è il punto dell’articolo, che riguarda una domanda più ampia, ossia se sia o meno opportuno, se non pure doveroso, per un Ordine prendere posizione all’interno dei dibattiti sociali, quando questi toccano argomenti di tipo psicologico.
Poi è (purtroppo) dato di fatto che ci siano psicologi (così come i medici) che sostengono teorie prive di alcun riconoscimento scientifico (per l’omosessualità, ma anche per altro) e rispetto ai quali vengono presi provvedimenti quando è possibile: per alcuni ci sono state anche sospensioni consistenti e qualche radiazione.
Ma pure lo stesso Simoncini, cui faccio riferimento nell’articolo, e che come riporti fu radiato, portò avanti le sue teorie già dal 1999 e fu radiato solo nel 2003 e non perché diceva di poter curare il cancro con il bicarbonato, ma per aver somministrato la sua terapia a pazienti umani: la dicitura del provvedimento era (cito a memoria) “per aver somministrato terapia sperimentale non prevista né da studi, né da protocolli, né trattamenti specialistici”.
Insomma: non è stato sanzionato il suo pensiero, ma l’applicazione del suo pensiero. Sottigliezze? Certamente: il confine tra “diritto alla libera opinione” e “violazione deontologica” è scivoloso e forse in alcuni casi ipocrita. Se uno dice che le terapie riparative funzionano (e cmq sono davvero pochi gli psicologi che lo dicono così esplicitamente e tutti quelli che conosco che lo hanno fatto, sono stati sanzionati. In generale si leggono grandi arrampicate sugli specchi) poi uno si immagina che al pensiero corrisponda l’azione.
Però, mi viene pure facile immaginare cosa dice un consulente legale di un Ordine di fronte a una proposta di radiazione per uno che dice gli omosessuali possono essere curati: rischiate di andare in tribunale e vedervi ribaltare il tavolo. Magari con pure la beffa di dover pagare spese, danni e risarcimenti e in più un precedente.
L’approvazione del commento e la tua relativa risposta sono comparsi solo ora, a bocce ferme. A questo punto aspettiamo domani che ci sarà il convegno per vedere di cosa realmente parleranno e come.
Speriamo che ci sorprendano e non parliamo affatto né di “riparare i gay”, né di “femmine sottomesse” né di altre teorie antiscientifiche o sessiste. È uno di quei casi, questo, in cui ci si augura di cuore di essere costretti a smentirsi e dire: “Scusate, abbiamo sbagliato”. (ma, purtroppo, penso che da un pero non nascono ciliege…).
Va comunque precisato che le sanzioni previste sono 4 e la radiazione è solo l’ultima (e la più grave) di queste. Alla quale, trattandosi di colleghi, mi auguro sempre che non si debba arrivare mai, con o senza tavoli rovesciati.