Qualche giorno fa c’è stato un referendum per approvare o respingere modifiche al Codice Deontologico.
E’ meglio darne notizia, perché sembra che alcuni colleghi (quanti?) non lo sapessero.
Non tutti ricevono newsletter del CNOP, e altri la ricevono in spam, come la sottoscritta.
Non tutti seguono le pagine social degli Ordini.
In sostanza qualcuno, forse saggiamente, si tiene lontano da ogni ambiente frequentato da psicologi.
E mancando una vera e propria convocazione ufficiale (ad esempio via PEC) non è stato informato del referendum.
Questo è uno dei temi, non l’unico, su cui si fonda il ricorso presentato da un nutrito gruppo di colleghe e colleghi verso la procedura referendaria.
Un ricorso nient’affatto peregrino, di cui vedremo gli sviluppi nelle prossime settimane.
Un ricorso che conferma ciò che già sapevamo e che avevamo più volte scritto: una riforma fatta con pressappochismo.
Dal testo lavorato troppo velocemente e con troppo poco confronto.
Al meccanismo referendario calato con l’accetta, con un unico quesito inglobante tutti gli articoli e una premessa etica non votabile.
Fino alla comunicazione del CNOP, che è stata sentita da molti colleghi come manipolativa, in quanto invitava smaccatamente a votare SÌ con argomenti, come il fatto che la proposta fosse stata approvata all’unanimità dal CNOP, che pareva chiudere al dibattito con la comunità professionale più che aprire.
Che è proprio l’antitesi del senso di un referendum, un voto che dovrebbe sondare il sentiment della comunità, non invitare la comunità a seguire come un gregge.
Come AltraPsicologia abbiamo fortemente voluto mettere il rispetto per la comunità al primo posto, davanti ad ogni querelle politica, evitando di dare indicazioni di voto, ma fornendo materiali per approfondire e votare consapevolmente.
E con un percorso informativo di due anni, non dell’ultimo minuto.
E forse possiamo dire che quella nicchia che ha votato, poco più di un decimo degli aventi diritto, era in parte consapevole.
Lo scarto tra il Sì e il No è di poco più di 1400 voti. Quando si anima un dibattito non ci sono percentuali bulgare, non può esserci un pensiero uniforme.
Certo possiamo dire di avere un codice che statisticamente alla metà della popolazione degli iscritti non è piaciuto.
O forse no, non è ancora sicuro. Vediamo perché.
E’ GIA’ IN VIGORE IL NUOVO CODICE?
No.
Il CNOP, nella seduta del 30 settembre, ha sospeso l’approvazione in attesa che il TAR si pronunci sul già menzionato ricorso.
Una tragicomica.
OPERAZIONE RIUSCITA, MA IL PAZIENTE E’ MORTO
Questo esito controverso, con l’esiguo scarto tra il SÌ e il NO, ci restituisce una categoria in marcato disaccordo al suo interno sulla cornice etica e comportamentale che si troverà ad assumere.
Un ruolo rilevante, nel produrre divisività, ha avuto la comunicazione che il CNOP ha assunto in queste settimane, con toni sgradevoli e maldestri, che hanno creato la sensazione di voler strumentalizzare il dibattito referendario e di voler ottenere il risultato desiderato, a tutti i costi.
Il CNOP, in quanto soggetto proponente le modifiche, era del tutto legittimato a valorizzare i cambiamenti che il nuovo codice avrebbe potuto portare se approvato, attraverso una franca e assertiva campagna di informazione e dibattito, da svolgersi per tempo e aprendosi al dibattito.
Invece ha scelto in modo incomprensibile la strada del messaggio subliminale e un po’ simpaticone, invitando al voto ma infilando il SI nei banner come farebbe un supermarket di quartiere con poco budget per la pubblicità.
E sentirsi trattati così dall’istituzione che dovrebbe rappresentarci, a molti non è proprio piaciuto.
COSA CI RISERVA IL FUTURO?
Al di là dei trionfalismi inopportuni, le criticità emerse in queste settimane attorno al nuovo testo restano e meritano particolare attenzione, sin da oggi.
Tutela dell’abusivismo, diritti civili, segreto professionale sono temi sui quali non si può lasciare spazio alle interpretazioni: se in progress deve essere, che lo sia da subito.
Ma non basta “lavorare tanto”, che si lavori imparando dagli errori.