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L’Ordine degli Psicologi del Lazio ha diffuso in queste ore la nuova video-inchiesta del giornalista Luca Bertazzoni sul fenomeno dei counselor.
Dopo lo scalpore suscitato dalla prima video-inchiesta, dove era documentata l’attività di tre “counselor” alle prese con persone con storie di disagio psicologico, tra cui abuso di alcol, pensieri suicidari, arriva il seguito.

Se la prima inchiesta aveva sconvolto la comunità professionale, questa seconda inchiesta, dedicata ai counselor che prendono in carico minori, desta preoccupazioni se possibile ancora più angoscianti.


Nel primo caso la counselor vede una ragazza minorenne senza il consenso dei genitori.

Nel secondo caso la counselor prende in carico una minore con un fidanzato violento.

Nel terzo caso il counselor, pur rendendosi conto di trovarsi di fronte a una ragazza minorenne con una storia di grave disturbo alimentare, prende in carico la paziente invece di inviarla a dei professionisti sanitari: “sai” – le dice – “è un’avventura anche per me” . Peccato che l’avventura del counselor sia sulla pelle di una giovane ragazza con un problema di salute grave, che chiede aiuto e sta perdendo la possibilità di ricevere il sostegno di cui ha bisogno in un momento determinante.

Nel quarto caso il counselor si trova di fronte una minorenne che porta un problema di abuso di sostanze (cocaina) e durante il colloquio le confessa candidamente di aver fatto anch’egli uso di cocaina e altre sostanze… 

Nel  quarto caso una counselor, senza nemmeno una laurea, in uno sportello d’ascolto in una scuola pubblica, prende in carico il caso di una ragazza vittima di bullismo.

Di fronte a realtà come queste, appare ancora più sconcertante la condotta tenuta dalla maggior parte degli Ordini al Tavolo UNI dove si sta cercando di normare i counselor.
Ordini assenti a molte riunioni, quando presenti astenuti a molte votazioni: all’UNI si va avanti, con solo l’Ordine Lazio a cercare di arginare questo percorso che rischia di dare un riconoscimento a questi professionisti che sempre più evidentemente prendono in carico situazioni di disagio emotivo e psichico per cui non sono né abilitati né preparati in alcun modo, mettendo a rischio la salute dei cittadini.

AltraPsicologia combatte da sempre le pseudoprofessioni e l’esercizio illegittimo delle attività psicologiche: a maggior ragione ci aspettiamo che queste azioni vengano portate avanti dagli Ordini.
La tutela non è un optional: la legge 56/89 attribuisce loro espressamente la funzione di tutela.
Chi ha avuto un ruolo finora ha tenuto posizioni fragili e ambigue, che hanno esposto i cittadini a professionisti dalla preparazione incerta e autoreferenziale.
Gli Ordini regionali e il Consiglio nazionale devono avviare azioni complessive orientate alla tutela della salute del cittadino e alla prevenzione del danno.

Ci auguriamo che gli Ordini regionali e il nuovo CNOP, che si insedieranno nelle prossime settimane, possano portare ad un radicale cambio di rotta, perché, a giudicare da queste inchieste, la salute dei cittadini non può essere lasciata alla mercé di tale improvvisazione.